T.A.R. EMILIA ROMAGNA: TUTELA DELLA MATERNITA’ E ASTENSIONE PROLUNGATA IN CASO DI SOSTITUZIONE DI UN’ALTRA DIPENDENTE
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1613 del 2003, proposto da:
Turchetti Donatella, rappresentata e difesa dagli avv. Guido Reni e Giorgio Sacco, con domicilio eletto presso Giorgio Sacco in Bologna, via S.Felice 6;
contro
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Direzione Provinciale del Lavoro di Ferrara, rappresentati e difesi dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Bologna, via Guido Reni 4;
Azienda U.S.L. di Ferrara;
per l’annullamento
del provvedimento della Direzione Provinciale del Lavoro di Ferrara n. 1128/26.9.2003, ricevuto il 28.9.2003, limitatamente alla parte in cui dispone l’interdizione dal lavoro della ricorrente fino alla scadenza del contratto a termine nel caso questo termini prima del settimo mese per via del rientro in servizio del titolare del posto..
nonchè per l’accertamento del diritto della ricorrente, assunta dalla AUSL di Ferrara con contratto a termine in sostituzione di dipendente assente, alla interdizione dal lavoro sino al settimo mese dopo il parto;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Direzione Provinciale del Lavoro di Ferrara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26/03/2009 il dott. Grazia Brini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
I. La ricorrente è stata assunta a tempo determinato nel profilo professionale di dirigente medico di psichiatria, per la sostituzione di una dipendente assente dal servizio per gravidanza e puerperio, con contratto individuale di lavoro stipulato il 4.12. 2002.
Il contratto prevedeva: ” Il rapporto di lavoro ha decorrenza dal giorno 5.12.2002 e terminerà con il rientro della titolare, alla scadenza del periodo consentito dalle sopra richiamate leggi, per astensione obbligatoria o facoltativa. Il rapporto di lavoro si risolve automaticamente, senza diritto di preavviso, anche prima del termine di cui sopra nel momento del rientro anticipato il servizio della dipendente sostituita”.
Con domanda del 30.7.2003, la ricorrente, in attesa di un figlio e già autorizzata all’astensione dal lavoro dal 20.7.2003 fino all’inizio dell’astensione obbligatoria pre-parto ai sensi dell’art.17, comma 2 lett.a) del d.lgs. 151/2001, chiedeva di essere autorizzata ad assentarsi fino a sette mesi dopo il parto, la cui data presunta era fissata per il 17.3.2004, ai sensi dell’art. 17, comma 2 lett.b) e c) dello stesso decreto.
L’art.17 , 2 comma, dispone che ” Il servizio ispettivo del Ministero del lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, avvalendosi dei competenti organi del Servizio sanitario nazionale, ai sensi degli articoli 2 e 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di astensione di cui alla lettera a), comma 1, dell’articolo 16, o fino ai periodi di astensione di cui all’articolo 7, comma 6, e all’articolo 12, comma 2, per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dal servizio stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di gravi complicanze della gravidanza o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino;
c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12 “.
Con provvedimento del 26.9.2004 la Direzione Provinciale del Lavoro, considerato che l’attività del medico psichiatra rientrava fra i lavori vietati/pregiudizievoli ai sensi dell’ art. 7 del decreto legislativo 151/2001, e che era stata accertata l’impossibilità di spostamento ad altre mansioni, disponeva l’interdizione dal lavoro nella stessa fino a sette mesi dopo il parto ovvero, se antecedente a tale data, fino alla scadenza del contratto a termine.
Con ricorso notificato il 25.11.2003 la ricorrente ha impugnato, limitatamente alla parte finale, tale provvedimento vengono dedotte censure di violazione degli articoli 6, 7, comma 6, 12, 16, 17, 24, comma 1, 54, comma 7, e 57 del decreto legislativo 151/2001; eccesso di potere per carenza di motivazione per manifesta ingiustizia; eccesso di potere per falso ed erroneo supposto di fatto e di diritto.
Resiste al ricorso l’intimata Direzione provinciale del lavoro di Ferrara.
II. Si premette che non è in discussione l’astensione obbligatoria ex lege dei tre mesi dopo il parto, ma quella che viene disposta (per uno o più periodi e fino al massimo di sette mesi dopo il parto) con provvedimento della Direzione provinciale del lavoro ove sia accertata la pericolosità delle mansioni cui è adibita la lavoratrice e l’ impossibilità di spostamento ad altre.
La ricorrente ritiene che dovesse essere comunque disposta l’astensione prolungata per il periodo dal quarto al settimo mese dopo il parto, a prescindere dalla (possibile) risoluzione del rapporto per il rientro della dipendente sostituita (ipotesi che risulta poi essersi effettivamente verificata, posto che la titolare è rientrata in servizio il 16.4.2004 ed a tale data si è risolto il rapporto con la ricorrente; a quest’ultima, il cui figlio è nato il 24.3.2004, è stato riconosciuto il trattamento economico di maternità per astensione obbligatoria fino al terzo mese dopo il parto).
La prospettazione della ricorrente è infondata.
Alla Direzione provinciale del Lavoro è demandato l’accertamento di due condizioni (pericolosità delle mansioni e impossibilità di spostamento ad altre) in relazione ad un divieto (di adibire la lavoratrice ai lavori di cui all’art.7 del T.U.) che è proprio di un rapporto in corso: mentre infatti l’astensione obbligatoria ex lege è correlata al solo stato obiettivo della gravidanza e del puerperio ( e non viene toccata dalla risoluzione del rapporto a termine), quella prolungata di cui si discute trova il suo presupposto nelle concrete condizioni di lavoro in cui versa la lavoratrice e dunque nell’esistenza su un piano di effettività del rapporto di lavoro in atto.
Pertanto, in caso di rapporto a termine per la sostituzione di una dipendente in maternità, è legittimo che all’interdizione prolungata della sostituta, a sua volta in maternità, sia apposto lo stesso termine, spirato il quale non si può più parlare di pericolosità delle mansioni e di possibilità di spostamento ad altre.
Il ricorso va pertanto respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese fra le parti.
P.Q.M.
Respinge il ricorso.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 26/03/2009 con l’intervento dei Magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Rosaria Trizzino, Consigliere
Grazia Brini, Consigliere, Estensore
IL PRESIDENTE
L’ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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