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CASSAZIONE PENALE: SANZIONI D. LGS. 231/01 PER INFORTUNIO

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La Cassazione Penale, Sez. 4, del 16 luglio 2015, con sentenza n. 31003 si esprime sulla materia della responsabilità amministrativa ex art. 25 septies D. Lgs. 231/2001.

Il fatto si riferisce ad un infortunio ad una mano, con frattura di alcune ossa e ferita lacero contusa, subito da un lavoratore mentre con un collega era intento ad effettuare un’operazione di scarico di una grande e pesante bobina di carta. Mentre il collega provvedeva alla discesa della bobina operando sulla consolle di comando del macchinario, il lavoratore infortunato effettuava manualmente lo sgancio dei mandrini che fissavano l’albero della bobina alla macchina, rimanendo con la mano schiacciata sotto la bobina.

Nei precedenti gradi di giudizio è stato riconosciuto il profilo di colpa del datore di lavoro, che non aveva provveduto ad installare sul macchinario un dispositivo di sicurezza consistente in un sistema di doppi comandi tale da consentire lo sgancio della bobina solo con l’esplicito consenso dei lavoratori, e che si è provveduto ad installare dopo il fatto su indicazione degli organi di vigilanza.

Secondo quanto ricostruito dalla Cassazione Penale e riportato nella sentenza n. 31003 del 16 luglio 2015, anche se l’evento occorso sia in astratto riconducibile a manovra erronea di uno dei due lavoratori, non è possibile considerare tale evento eccezionale in quanto verificatosi comunque nell’ambito delle ordinarie mansioni lavorative. “Il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute“. Pertanto la Corte rigetta il ricorso presentato dall’impresa e dal datore di lavoro in quanto “si esclude tradizionalmente che presenti le caratteristiche dell’abnormità il comportamento, pur imprudente, del lavoratore che non esorbiti completamente dalle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli e mentre vengono utilizzati gli strumenti di lavoro ai quali è addetto, essendo l’osservanza delle misure di prevenzione finalizzata anche a prevenire errori e violazioni da parte del lavoratore (cfr. Sezione IV, 5 giugno 2008, Stefanacci ed altri)“.

A ciò, per quanto attiene l’applicazione della responsabilità dell’ente prevista dal D. Lgs. 231/01, la Cassazione precisa che nei reati colposi l’interesse o il vantaggio si ricollegano al risparmio nelle spese che l’ente dovrebbe sostenere per l’adozione delle misure precauzionali ovvero nell’agevolazione [sub specie, dell’aumento di produttività] che ne può derivare sempre per l’ente dallo sveltimento dell’attività lavorativa “favorita” dalla mancata osservanza della normativa cautelare, il cui rispetto, invece, tale attività avrebbe “rallentato” quantomeno nei tempi.
In questa prospettiva, la motivazione della condanna, e quindi dell’applicazione delle sanzioni previste dal D. Lgs. 231/01, regge al vaglio di legittimità ove si consideri che da questa risulta che l’addebito colposo è stato basato anche e soprattutto nel non aver predisposto quel dispositivo di sicurezza, poi imposto dagli organi di vigilanza. Ciò che consente di ricondurre l’omissione originaria ad un risparmio di spesa che fonda l’ipotesi dell’interesse/vantaggio di cui all’articolo 5 del D. Lgs. 231/01.

Per consultare il testo della Sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, del 16 luglio 2015, n. 31003 clicca sul link di seguito:

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