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MORTI SUL LAVORO: LE INCIDENZE DI MORTALITA’ SONO PIU’ IMPORTANTI DEI NUMERI ASSOLUTI DELLE VITTIME

SOLO IL TASSO DI INCIDENZA, COME PER L’EMERGENZA COVID, DICE E DESCRIVE QUALI SIANO LE REGIONI DOVE SI RISCHIA DI PIÙ: PERCHÉ CI SONO PIÙ MORTI RISPETTO ALLA POPOLAZIONE LAVORATIVA. COME PER LA PANDEMIA, ANCHE PER L’EMERGENZA MORTI BIANCHE CI SONO ZONE ROSSE E ZONE BIANCHE. E LA POLITICA DEVE SAPERLO.

Intervento di Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre.

Ce lo ha insegnato la pandemia in questi ultimi due anni. Oltre ai numeri assoluti che contano le vittime del Covid -19, sono le incidenze della mortalità – calcolate sulla popolazione di una regione – a determinare concretamente i parametri dell’emergenza e di conseguenza le risposte del sistema sanitario per arginarla.

E lo stesso vale per le morti sul lavoro. I tassi di incidenza degli infortuni mortali, calcolati rispetto alla popolazione lavorativa, sono la base più solida per individuare quali siano le regioni e le province in cui i lavoratori rischiano maggiormente di perdere la vita.

Questi dati – ne siamo certi dopo oltre dodici anni di monitoraggio quotidiano dell’emergenza nel nostro Paese – devono essere conosciuti, devono essere posti sotto i riflettori. Perché solo così le regioni potranno (e dovrebbero) adottare piani di prevenzione adeguati alla propria situazione territoriale: dai controlli alle politiche di prevenzione informative e formative.

La tragedia delle morti bianche è sicuramente una piaga nazionale che non conosce confini. Ma ci sono aree della Penisola in cui risulta essere indubbiamente più rischioso lavorare. E non è la cronaca a fornire questo dato. Anzi, probabilmente i media forniscono un’immagine fuorviante del dramma: spesso in effetti sono i numeri assoluti ad essere posti in primo piano.

Con questo non sminuiamo il prezioso apporto di tv, radio e giornali che ci ricordano quotidianamente l’emergenza. Ma, di sicuro, non la definiscono in modo esaustivo.

Dire ad esempio che in Lombardia e nel Lazio, vengano rilevati numeri preoccupanti non significa che siano queste le regioni meno sicure del Paese per i lavoratori. Piuttosto, sarebbe opportuno sempre precisare che sono anche quelle con il maggior numero di lavoratori.

Altra cosa invece è calcolare la mortalità sulla popolazione lavorativa. Perché è questo il vero indicatore, l’analisi più lucida a cui la politica interessata a dare una risposta alle morti bianche dovrebbe fare riferimento.

Noi, come Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering, l’abbiamo creata una mappatura: dipingendo l’Italia a colori. Gli stessi utilizzati per distinguere i differenti livelli di allarme in tempo di pandemia. Così nei primi nove mesi del 2021 a finire in Zona Rossa sono: Puglia, Campania, Basilicata, Umbria, Molise, Abruzzo e Valle D’Aosta; in Zona Arancione: Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna e Marche; In Zona Gialla: Liguria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Sicilia e Veneto; In Zona Bianca: Toscana, Lombardia, Sardegna e Calabria.

Questi sono i veri indicatori del rischio e dell’emergenza in Italia. Per questo ci auguriamo che le nostre elaborazioni possano spronare e aiutare i nostri amministratori ad agire concretamente.

Soprattutto in vista di ulteriori nuove misure previste ed annunciate per arginare la tragedia delle morti sul lavoro.

L’ultimo che dà molta speranza è un disegno di legge, presentato in Senato che prevede l’istituzione di un nuovo organismo investigativo, la Procura nazionale del lavoro. Si tratta di un percorso volto a migliorare l’organizzazione giudiziaria sul fronte della sicurezza con l’aiuto di una procura esperta e specializzata.

Auspichiamo che questa volta non si spengano i riflettori sull’emergenza, perché sarebbe certamente l’ennesima grande sconfitta per un Paese civile e, a maggior ragione, per una Repubblica fondata sul Lavoro.

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