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SENTENZA CASSAZIONE: FOLGORAZIONE PER ASSENZA DI FORMAZIONE

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Con una recente sentenza la Corte di Cassazione, conferma la condanna al datore di lavoro per il decesso di un operaio per folgorazione, a causa dell’assenza di formazione sull’utilizzo dell’attrezzatura di lavoro, in questo caso un camion con cassone ribaltabile.

IL FATTO

La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 24/5/2019 confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Ferrara che condannava F.P. “nella propria qualità di legale rappresentante della ditta “G.F.P. SRL” […] e datore di lavoro del lavoratore deceduto R.A., per negligenza, imprudenza ed imperizia e per colpa specifica consistita nella violazione dell’art. 71 Co. 7 lett. a) del D. L.vo 81/08, per non aver preso le misure necessarie affinché l’uso del camion con cassone ribaltabile in dotazione, quale attrezzatura di lavoro per la quale era stato individuato, nel documento di valutazione dei rischi, il rischio specifico di folgorazione da contatto con linee elettriche aeree, venisse riservato a lavoratori che avessero ricevuto un’informazione, formazione ed addestramento adeguati; cagionava il decesso del lavoratore R.A., che rimaneva folgorato per essere il cassone ribaltabile del camion in dotazione venuto in contatto con una linea elettrica ad alta tensione dell’ENEL.[…]” mentre svolgeva la manovra di scarico dell’acqua, alzando il cassone, prima di caricare il carico.

IL RICORSO IN CASSAZIONE

Avverso alla Sentenza di Appello F.P. a mezzo del proprio difensore di fiducia propone ricorso in Cassazione con le seguenti motivazioni:
“Il ricorrente contesta la sussistenza delle condizioni legittimanti”, cioè “la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta ascritta all’imputato e l’evento e impugna le statuizioni relative alla rifusione delle spese in favore della parte civile”.
il Datore di Lavoro nel ricorso, contesta ai giudici di merito che “non si sarebbe confrontata con i proposti motivi di appello circa l’effettiva sussistenza del nesso di causalità tra la condotta omissiva ascritta all’imprenditore e l’evento e circa l’eventuale rilevanza della condotta del lavoratore […] in tema di responsabilità del datore di lavoro in caso di condotta abnorme del lavoratore” aggiungendo che è “evidente dall’esame degli atti risulterebbe che l’iniziativa di alzare il cassone, prima di caricare i cereali, sarebbe stata presa autonomamente dal lavoratore e non sarebbe stata assolutamente necessaria per la mansione affidatagli che riguardava unicamente il carico della merce”.

Inoltre aggiunge il ricorrente, “il ricorso alla logica, operato dal giudicante, nel ritenere sensata la decisione di smaltire l’acqua piovana prima di effettuare il carico, non risolverebbe il vulnus dell’impianto accusatorio. […] l’acqua ben poteva venire smaltita diversamente. pertanto, ribadisce il ricorrente che la condotta abnorme del lavoratore, incaricato esclusivamente del carico della merce, costituirebbe causa autonoma e rilevante. […] Si evidenzia, poi, che il rischio di folgorazione era espressamente previsto dal manuale di uso del veicolo, pertanto la responsabilità della mancata acquisizione delle informazioni graverebbe sul lavoratore essendo le stesse rilevabili dalla documentazione in suo possesso.[…] Lo stesso lavoratore doveva essere a conoscenza di tutti rischi di manovra, in quanto titolare di specifica patente di guida”.

RISPONDE LA CASSAZIONE:

Nella risposta della Suprema Corte indica che “il ricorrente ripropone, sostanzialmente, gli stessi motivi di appello, sui quali la sentenza impugnata si è pronunciata con motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto.[…] Come osservato la Corte territoriale la persona offesa, lavoratore straniero, era stato assunto da poco più di un mese e possedeva scarse competenze linguistiche, pertanto non è certamente condivisibile la tesi difensiva della mancata colpevole acquisizione da parte dello stesso delle informazioni riportate nel manuale d’uso del veicolo. È indubbio l’obbligo di informazione e formazione del lavoratore che andava certamente sensibilizzato sull’esistenza del rischio di folgorazione.”

Inoltre, la violazione degli obblighi inerenti la formazione e l’informazione dei lavoratori integra un reato permanente, in quanto il pericolo per l’incolumità dei lavoratori permane nel tempo e l’obbligo in capo al datore di lavoro continua nel corso dello svolgimento del rapporto lavorativo fino al momento della concreta formazione impartita o della cessazione del rapporto. Precisa la Corte di Cassazione: Si afferma pacificamente in giurisprudenza, infatti, che il datore di lavoro risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte.[…] Il datore di lavoro che non adempie agli obblighi di informazione e formazione gravanti su di lui e sui suoi delegati risponde, infatti, a titolo di colpa specifica, dell’infortunio dipeso dalla negligenza del lavoratore il quale, nell’espletamento delle proprie mansioni, pone in essere condotte imprudenti, trattandosi di conseguenza diretta e prevedibile della inadempienza degli obblighi formativi”.

Continuano i giudici della Corte di Cassazione, “tanto premesso, è evidentemente necessario che tale omessa formazione ed informazione risulti causalmente rilevante per la verificazione dell’evento lesivo[…]”, e che […] “i giudici di merito hanno condivisibilmente affermato, con una motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, attraverso una attenta e logica valutazione del materiale probatorio acquisito, la inequivocabile sussistenza del nesso causale fra la mancata informazione e formazione del lavoratore e l’evento occorsogli”.
Come si legge in sentenza, “ove l’attenzione del R.A.” attraverso la formazione sulle corrette modalità d’uso dell’attrezzatura di lavoro e dei rischi specifici relativi alla stessa “fosse stata specificamente richiamata al riguardo, vi è infatti una probabilità logica verosimilmente prossima all’assoluta certezza, che lo stesso avrebbe bene provveduto a verificare, prima di effettuare la manovra, di non trovarsi sotto una linea elettrica e, successivamente, di entrare in contatto con le parti metalliche del proprio mezzo”.

Concludono i giudici della Corte di Cassazione, “infondato appare anche l’assunto difensivo secondo cui il lavoratore sarebbe l’unico responsabile della propria morte avendo posto in essere una manovra qualificabile come abnorme. Quanto […] la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere” e che in realtà “la decisione di smaltire l’acqua piovana prima di caricare il cereale come ricordano i giudici del gravame del merito appare una manovra in tutto sensata, verosimilmente richiesta proprio dall’ azienda, essendo notorio che a contatto con l’acqua possano rapidamente verificarsi fenomeni di fermentazione e marcescenza del cereale”.

In definitiva “per i motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.”

Per un maggiore approfondimento riportiamo in allegato l’estratto della sentenza della Corte di Cassazione

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