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D. LGS. 231/01 E RESPONSABILITÀ CIVILE DELLE PERSONE GIURIDICHE

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L’ENTE, COINVOLTO NELL’ILLECITO AI SENSI DEL D. LGS. 231/01, PUÒ ESSERE CONSIDERATO “RESPONSABILE CIVILE” NEL PROCEDIMENTO PENALE?
La questione relativa alla possibilità di citare come “Responsabile Civile” ai sensi dell’art. 83 del c.d.p. gli enti coinvolti nell’illecito (come previsto dal D. Lgs. 231/01), benché già dibattuta sia in sede di Corte di Giustizia Europea che dalla Corte Costituzionale, risulta ancora a molti non del tutto chiara.
Riassumiamo alcuni fatti.

IL PARERE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Già nel 2011, la Corte di Giustizia Europea si era espressa sulla compatibilità dell´istituto della costituzione di parte civile nei confronti dell´ente imputato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, senza riscontrare alcun contrasto tra la normativa italiana e la Direttiva Europea sulla tutela delle vittime.
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 218/2014, si è già pronunciata sulla questione di legittimità costituzionale dell´art. 83 c.p.p. e del D. Lgs. n. 231/2001 in riferimento all´art. 3 della Costituzione, ovvero della possibilità da parte delle persone offese di citare l´ente, già imputato, quale responsabile civile. Nel caso specifico il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Firenze, con ordinanza del 17 dicembre 2012 (r.o. n. 61 del 2013) aveva sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale e «delle disposizioni integrali» del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), nella parte in cui «non prevedono espressamente e non permettono che le persone offese e vittime del reato non possano chiedere direttamente alle persone giuridiche ed agli enti il risarcimento in via civile e nel processo penale nei loro confronti dei danni subiti e di cui le stesse persone giuridiche e gli enti siano chiamati a rispondere per il comportamento dei loro dipendenti».

Il giudice rimettente premette che stava trattando un procedimento penale a carico di diverse persone imputate del reato di cui agli artt. 41 e 589, secondo e quarto comma, del codice penale, in relazione all’art. 590, terzo comma, cod. pen., e che al procedimento partecipano, quali enti responsabili per tale reato, a norma del d.lgs. n. 231 del 2001, le società E. srl e RFI spa.
Nel corso dell’udienza preliminare, le persone offese avevano chiesto di costituirsi parti civili nei confronti di tali società e il giudice a quo, ritenendo che nel procedimento regolato dal d.lgs. n. 231 del 2001 non fosse consentita la costituzione di parte civile, aveva rimesso gli atti, con ordinanza del 9 febbraio 2011, alla Corte di giustizia dell’Unione europea per una decisione sulla questione pregiudiziale relativa alla «compatibilità della normativa sulla responsabilità delle persone giuridiche nel processo penale in relazione alla Direttiva Europea sulla tutela delle vittime da reato – art. 9 della Decisione Quadro n. 2001/220/GAI del 15 marzo 2001».
Per due ragioni la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 del codice di procedura penale e del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Firenze, con l’ordinanza indicata in epigrafe,
1. in quanto, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il giudice a quo è tenuto ad individuare la norma, o la parte di essa, che determina la paventata violazione dei parametri costituzionali invocati;
2. e per il fatto che l’ente possa essere considerato coimputato dell’autore del reato. Infatti si è ritenuto che, nel sistema delineato dal d.lgs. n. 231 del 2001, l’illecito ascrivibile all’ente costituisca una fattispecie complessa e non si identifichi con il reato commesso dalla persona fisica (Cassazione, sezione sesta penale, 5 ottobre 2010, n. 2251/2011). […] Ma se l’illecito di cui l’ente è chiamato a rispondere ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 non coincide con il reato, l’ente e l’autore di questo, non possono qualificarsi coimputati, essendo ad essi ascritti due illeciti strutturalmente diversi.

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