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CONDANNATO UN RSPP “NEGLIGENTE” PER LE LESIONI RIPORTATE DA UN LAVORATORE

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Nel caso in esame un lavoratore, mentre procedeva a scaricare da un camion mediante una gru dei pesantissimi cilindri fatti di fogli di acciaio arrotolati, ciascuno di circa 1700 kg, ed a posizionarli uno sull’altro in delle stive costituite da grossi gabbioni metallici, rimaneva infortunato, investito da uno di questi cilindri ribaltatosi, subendo gravissime lesioni consistenti in un grave trauma da schiacciamento della gamba con conseguente amputazione.
Dalle indagini veniva accertato che le stive per collocare i cilindri metallici erano insufficienti e che tale situazione era ben nota all’azienda senza che fossero stati adottati dei provvedimenti per aumentare il numero delle stive stesse né che fossero state impartite delle precise disposizioni su come effettuare le operazioni di scarico.

A seguito dell’accaduto il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda veniva condannato in primo e secondo grado di giudizio per il reato di lesioni colpose.
Nell’occasione i giudici affermavano che “compete al responsabile del servizio di prevenzione, specie quando esso sia come nella specie un dipendente dell’imprenditore, lo specifico dovere, per contratto, di informarsi, di vigilare, di conoscere e di intervenire; il suo compito non si risolve nella mera consulenza verso il datore di lavoro, ma comprende l’obbligo concreto di segnalare il pericolo e le misure necessarie per affrontarlo, pur restando gli obblighi decisionali, di scelta e di spesa nella esclusiva competenza del datore di lavoro. Prova ne è che, in caso di mancata attivazione, il datore di lavoro può non essere a conoscenza della specifica situazione esistente”. Nel caso specifico era emerso che nulla avesse fatto il RSPP “violando dunque gli obblighi contrattualmente accettati con l’assunzione dello specifico incarico”.

Lo stesso RSPP non condivideva le conclusioni a cui era pervenuta la Corte di Appello, in base alle quali l’infortunio non sarebbe accaduto se fosse stato informato della situazione il datore di lavoro, in quanto la direzione dell’azienda era ben al corrente della pericolosità delle manovre in atto senza che avesse fatto nulla per impedirle.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso ed ha confermata la sentenza di condanna dell’imputato formulando nella stessa delle interessanti osservazioni: “come ritiene la dottrina più attenta e come già osservato da questa Corte (sez. 4 20.4.2005 n. 11351 rv. 233657), il fatto che il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 abbia escluso la diretta sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei predetti componenti interni o esterni del servizio aziendale di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell’ambito dell’incarico ricevuto”.
“Occorre distinguere infatti il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, per le quali l’assenza di espressa sanzione esclude la responsabilità, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie, riconducibili alle previsioni di cui agli articoli 589 e 590 c.p.” per cui ne consegue che “il responsabile del servizio di prevenzione e di protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa che gli deriva dalla sua specifica posizione professionale”.

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