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CASSAZIONE: DEPOSITO TEMPORANEO RIFIUTI E LUOGO DI PRODUZIONE

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IL FATTO
Il Tribunale di Roma, condanna V.A., Amministratore Unico della società C. s.r.l., alla pena dell’ammenda ai sensi dell’art. 256 del D.Lgs. 152/06Attività di gestione di rifiuti non autorizzata“, per aver stoccato in un cortile dei rifiuti speciali non pericolosi, provenienti da attività di ristrutturazione edilizia, in cassoni scarrabili senza autorizzazione.

IL RICORSO
V.A. propone ricorso, basato sulla fattispecie della mancata applicazione da parte del Giudice competente, dell’ipotesi lecita, del deposito temporaneo. Al contrario il Giudice aveva ritenuto che la situazione si potesse inquadrare come deposito incontrollato dei rifiuti.

LA CORTE DI CASSAZIONE RISPONDE
La Corte di Cassazione, III° Sezione Penale, con la Sentenza n. 43422 del 23/10/2019, ritiene infondate le motivazioni del ricorso presentato da V.A.. Infatti la Corte di Cassazione specifica che in merito al ricorso presentato dal V.A.:
– si ha deposito temporaneo, come tale lecito, quando i rifiuti sono raggruppati, in via temporanea ed alle condizioni previste dalla legge, nel luogo della loro produzione;
– si ha deposito preliminare o stoccaggio, che richiede l’autorizzazione o la comunicazione in procedura semplificata, quando non sono rispettate le condizioni previste per il deposito temporaneo di rifiuti;
– si ha invece deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore.

Inoltre continua la Corte di Cassazione, […] “con riferimento al luogo di realizzazione del deposito, costituisce regola generale quella secondo cui lo stesso deve essere realizzato presso il luogo di produzione dei rifiuti, fatta eccezione per i rifiuti derivanti dalle attività di manutenzione alle infrastrutture per i quali detto luogo può coincidere con quello di concentramento ove gli stessi vengono trasportati per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento“.

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione, è orientata nel ritenere che “[…] in tema di gestione dei rifiuti, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria. Tale principio, specificamente riferito al deposito temporaneo, è peraltro applicabile in tutti i casi in cui venga invocata, in tema di rifiuti, l’applicazione di disposizioni di favore che derogano ai principi generali […]”.

In conclusione la Corte di Cassazione, accertato che “[…] i rifiuti in questione, conseguenti ad attività di ristrutturazione edilizia, venivano depositati in un luogo diverso da quello di provenienza […omissis…]”. Emerge dunque che il deposito non presenta già sotto tale aspetto i requisiti del deposito temporaneo e pertanto la qualifica di “deposito incontrollato” operata dal Tribunale è corretta.

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