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CASSAZIONE: COMPORTAMENTO INCAUTO E MANCATA VIGILANZA

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Con la sentenza n. 33425 del 18/07/2018, la Cassazione Penale affronta, tra gli altri, il tema della mancata vigilanza del Datore di Lavoro rispetto al comportamento incauto del lavoratore.

IL FATTO
La Corte d’Appello di Perugia ha confermato la sentenza del Tribunale di Perugia, appellata da A.C., con la quale costui era stato condannato per il reato di cui all’art. 589 cod. pen., aggravato dalla inosservanza delle norme antinfortunistiche.
La vicenda riguarda il decesso del lavoratore B.F., dipendente della X s.r.l., della quale l’A.C. era amministratore unico, avvenuto a seguito delle gravi lesioni riportate per caduta di due rotoli d’acciaio del peso di quintali, posizionati su una rastrelliera allocata all’Interno dello stabilimento industriale adibito a stoccaggio temporaneo di quel materiale.

IL RICORSO
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo di difensore, deducendo violazione di legge, in relazione all’art. 20 (obblighi dei lavoratori) del D. Lgs 81/08, la cui applicazione nel caso di specie è stata esclusa dalla Corte di merito che ha ravvisato la residualità dell’ipotesi della responsabilità del prestatore di lavoro rispetto all’obbligo di vigilanza spettante al datore di lavoro. La difesa assume che il lavoratore deceduto era persona formata e informata, destinataria di delega in materia antinfortunistica, rilasciata oralmente, senza che fosse all’epoca del fatto prevista alcuna forma successivamente introdotta in forza del D. Lgs 81/08, che avrebbe messo in atto un comportamento “incauto”.

LA CORTE DI CASSAZIONE RISPONDE
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Secondo la Corte di Cassazione: “Quanto alla dedotta abnormità del comportamento del lavoratore, inoltre, l’argomento è stato ampiamente e del tutto congruamente affrontato dalla Corte di merito e le censure articolate con il ricorso non evidenziano vizi del ragionamento svolto da quel giudice, ma ripropongono una diversa interpretazione del compendio probatorio, che costituisce oggetto proprio del sindacato di merito. Sul punto, è sufficiente un richiamo alla giurisprudenza consolidata di questa Corte per rilevare che la decisione del giudice di merito è del tutto coerente con i principi da essa ricavabili, atteso che l’obbligo di prevenzione si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia dell’infortunato, essendo esclusa la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo, solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute e alla comune prudenza. Ed è significativo che, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale venga attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento”.
E ancora, la Cassazione precisa: “Né può condividersi l’assunto secondo cui il datore non avrebbe potuto prevedere tale imprudente iniziativa, stante la sua istantaneità: al contrario, la Corte ha evidenziato come l’istruttoria avesse confermato l’esistenza di quella prassi e la sua tolleranza da parte del datore di lavoro. Trattasi di affermazione agganciata a dati probatori precisi (testimonianze degli altri lavoratori) e non apoditticamente enunciata, come sostenuto in ricorso”.

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