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L’EUROPA REAGISCE ALLE MORTI SUL LAVORO.

Sono 3 milioni i lavoratori che ogni anno subiscono un grave infortunio sul luogo di lavoro nell’Unione Europea. Ben 4 mila sono quelli mortali (European Commission – IP/14/641 – 06/06/2014). Proprio per questo la Commissione Europea ha varato un nuovo quadro strategico per il periodo 2014 – 2020 al fine di contrastare l’emergenza che riguarda 217 milioni di persone ovvero tutta la forza lavoro dell’Ue.

Così giunge un nuovo e significativo appello per tutto il Vecchio Continente e soprattutto per l’Italia che ogni anno conta oltre 500 morti bianche solo in ambiente di lavoro ordinario. Cifre che purtroppo raddoppiano, infatti, se si osserva il numero delle vittime del lavoro sulle strade.

Ecco perché chi come noi ha come obiettivo, da oltre vent’anni, la diffusione della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro non può che accogliere con grande entusiasmo l’iniziativa della Commissione Europea e le sue sfide.
Stiamo parlando infatti del miglioramento dell'applicazione delle norme esistenti sulla salute e la sicurezza sul lavoro, indirizzando gli sforzi soprattutto verso le piccole e micro imprese affinché riescano ad adottare misure di prevenzione efficaci. E ancora: migliorare la prevenzione delle malattie legate al lavoro, affrontando i rischi attuali, nuovi ed emergenti, e fare fronte al cambiamento demografico legato all'invecchiamento della forza lavoro.

Un progetto ambizioso tra i cui obiettivi strategici ne rileviamo molti che da anni continuiamo a sostenere come formatori per la sicurezza dei lavoratori: a cominciare dalla necessità di migliorare l’analisi dei dati statistici e darne una maggiore diffusione. Questo del resto è l’obiettivo del nostro Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering nato nel 2009 proprio allo scopo di utilizzare i dati sugli infortuni mortali come strumento di analisi per il miglioramento degli strumenti formativi e preventivi.
C’è nel quadro strategico poi anche la semplificazione della normativa esistente, per eliminare gli oneri amministrativi inutili, pur mantenendo un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

Nel nostro Paese, ad esempio, uno dei freni per un incremento della diffusione di una maggiore cultura della sicurezza è rappresentato dalla burocrazia: leggi e regolamenti poco chiari, spesso tra l’altro non coordinati, obbligano inutilmente alcuni lavoratori a frequentare corsi formativi inutili perché ripetitivi, nei contenuti, rispetto ad altri sempre obbligatori.

Fortunatamente l’art.37, 14-bis del Decreto Fare – anche se ancora privo di una norma attuativa – va proprio in questa direzione citando: “In tutti i casi di formazione ed aggiornamento, previsti dal presente decreto legislativo per dirigenti, preposti, lavoratori e rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza in cui i contenuti dei percorsi formativi si sovrappongano, in tutto o in parte, è riconosciuto il credito formativo per la durata e per i contenuti della formazione e dell’aggiornamento corrispondenti erogati”.

E’ indispensabile poi un maggiore investimento sulle attività di prevenzione e controllo, l’applicazione di sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti con particolare riferimento ai reati amministrativi di cui al D.Lgs. 231/01, assai spesso ancora disapplicato, l'organizzazione di un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri l’applicazione certa e rapida delle sanzioni e la promozione di iniziative informative, formative e culturali che sviluppino anche se in un medio-lungo periodo una maggiore attenzione alla prevenzione.

Le statistiche sulle morti bianche d’altra parte non lasciano dubbi sull’emergenza così come un appello internazionale che si rivolge alla diffusione della cultura della sicurezza che pare ancora sconosciuta. E in ogni caso assai poco praticata. Un dato su tutti che riguarda il nostro Paese: nel nostro Rapporto Triennale Morti Bianche che raccoglie tutti i dati degli infortuni mortali avvenuti nel territorio nazionale da Gennaio 2011 a Dicembre 2013, sono 1515 le vittime rilevati nel nostro Paese.
E’ evidente l’importanza e l’efficacia di una continua formazione, a tutti i livelli aziendali. Perché il pericolo – e i dati lo confermano – non si può esorcizzare.

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