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SENTENZA CASSAZIONE: LA RIUNIONE DI COORDINAMENTO DEL CSE INTEGRA PSC

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IL FATTO
La Corte d’appello di Genova, in relazione alle lesioni personali colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, contestava a B.F., datore di lavoro della ditta “A”, e A.F., datore di lavoro della ditta “B”, di non aver adottato le necessarie misure per prevenire i rischi per i lavoratori per la presenza di carichi sospesi. Veniva contestato a S.L. in qualità di Coordinatore in fase di esecuzione lavori, di «non aver compiuto alcuna delle attività prescritte dall’art. 92 del D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche in relazione alle interferenze fra lavoratori delle diverse imprese, in particolare con riguardo alle modalità di accesso e di sosta nel cavedio», per l’infortunio avvenuto presso un cantiere edile in data 12/09/2009 in cui l’I.I. dipendente della ditta “A”, all’interno di un cavedio, stava eseguendo il lavaggio con idropulitrice di una persiana; contestualmente a tale attività venivano eseguite operazioni di sollevamento di materiale con un montacarichi nella parte direttamente superiore al cavedio in cui I.I. stava eseguendo la sua attività lavorativa, quando un trapano miscelatore, non adeguatamente assicurato da un operaio della ditta “B”, cadeva e andava a colpire sul capo il lavoratore I.I.

La Corte di merito ha ritenuto i tre imputati corresponsabile dell’evento in quanto:
– S.L.: il Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) non poteva ritenersi aggiornato da un verbale di coordinamento, in quanto non era presente alcun riferimento al «rischio specifico concretizzatosi in occasione del lavaggio delle persiane»;
– A.F.: di non aver fornito idonei DPI, ne fosse stata eseguita vigilanza sul loro utilizzo;
– B.F.: violazione «dell’art. 71 D.Lgs. 81/2008, laddove tale disposizione prescrive l’adozione di misure per impedire che i lavoratori si trattengano sotto i carichi sospesi e vieta che i carichi vengano fatti passare sopra i luoghi di lavoro non protetti, abitualmente occupati dai lavoratori».

IL RICORSO IN CASSAZIONE
Avversi alla sentenza S.L., A.F. e B.F. presentavano ricorso con le seguenti motivazioni:
– B.F., esso consta in sostanza di due distinti motivi: «con il primo motivo si lamenta violazione di legge con riguardo all’interpretazione delle norme del D.Lgs. 81/2008 e alla posizione di garanzia per vigilanza genericamente attribuita al B.F. anche nei riguardi della vittima, oltreché del C.A.: sul punto la Corte di merito si limita a un rinvio alle considerazioni svolte dal Tribunale nella sentenza di primo grado. Per contro, l’I.I. dipendeva dalla A.F., mentre il C.A. era in realtà un lavoratore autonomo con propria partita I.V.A. Con il secondo motivo di ricorso si lamentano violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento al comportamento del C.A. e dell’I.I., che il ricorrente qualifica come abnorme e avente valore interruttivo del nesso di causalità; attribuire al B.F. la responsabilità dell’accaduto, a fronte di siffatto comportamento dei due lavoratori, equivarrebbe a riconoscere in capo al ricorrente una forma di responsabilità oggettiva.»

– A.F. consta invece di tre motivi di doglianza: «con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione di legge e – di fatto – vizio di motivazione in relazione alla mancata assoluzione dell’imputata: la quale aveva predisposto un articolato piano di sicurezza, ove si delegava al preposto R.M. il compito di verificare costantemente osservanza delle previsioni in tema di prevenzione infortuni da dipendenti. Con il secondo motivo la mancata concessione delle attenuanti generiche e all’eccessività della pena inflitta, a fronte dell’immediata denuncia dell’infortunio, da parte della A.F., alla propria compagnia assicuratrice, senza attendere che la persona offesa sollecitasse il risarcimento. Con il terzo motivo l’esponente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla decisione di subordinare la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, senza valutare la capacità economica dell’imputata.».

– S.L. articola un unico motivo di lagnanza: «lamenta violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in rapporto alla posizione di coordinatore per l’esecuzione lavori a lui attribuita: posizione che, osserva il ricorrente, comporta obblighi di alta vigilanza e di verifica dell’applicazione delle disposizioni contenute nel Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC) da parte delle imprese esecutrici, nonché dell’idoneità del Piano Operativo (POS) e dell’eventuale necessità di procedere a un aggiornamento del piano stesso» inoltre S.L. (il CSE) ritiene che il verbale della riunione di coordinamento costituiva l’integrazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC), «che all’allegato 1 – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di merito – faceva espresso richiamo del precetto contenuto nell’art. 92 comma 1, lett. b) del D.Lgs. n° 81/2008 e prendeva espressamente in esame anche le lavorazioni da eseguirsi all’interno del cavedio dove era avvenuto l’infortunio fossero sospese, con divieto di sovrapposizione di lavorazioni».
Inoltre relativamente al a quanto evidenziato dalla corte di merito che il «verbale non sarebbe stato reso noto alle maestranze, come sostenuto in sentenza, in realtà detto verbale fu sottoscritto dai rappresentanti delle ditte operanti nel cantiere, e del resto l’opera di alta vigilanza del coordinatore per l’esecuzione lavori é rivolta non già ai lavoratori, ma ai datori di lavoro delle ditte esecutrici».

LA CORTE DI CASSAZIONE RISPONDE
La Corte di Cassazione IV Sezione Penale con la sentenza n. 57974, ritiene infondati gli appetti di B.F. e A.F., accoglie quello di S.L. (CSE) in quanto la Suprema Corte conviene che, «per pacifica giurisprudenza in tema di infortuni sul lavoro, la funzione di vigilanza che grava sul coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio generico, relativo alle fonti di pericolo riconducibili all’ambiente di lavoro, al modo in cui sono organizzate le attività, alle procedure lavorative ed alla convergenza in esso di più imprese; ne consegue che il coordinatore non risponde degli eventi riconducibili al c.d. rischio specifico, proprio dell’attività dell’impresa appaltatrice o del singolo lavoratore autonomo» […] come «recentemente precisato che la funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori ha ad oggetto esclusivamente il rischio per l’ipotesi in cui i lavori contemplino l’opera, anche non in concomitanza, di più imprese o lavoratori autonomi le cui attività siano suscettibili di sovrapposizione od interferenza, e non il sovrintendere, momento per momento, alla corretta applicazione delle prescrizioni e delle metodiche risultanti dal piano operativo di sicurezza».

Relativamente alla questione del mancato aggiornamento del Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC), la Cassazione ritiene che «contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza impugnata, il verbale di coordinamento del 17 ottobre 2008, oltre ad avere effettivamente funzione integrativa del piano di sicurezza escludeva la sovrapposizione di attività lavorative anche con riguardo allo svolgimento di operazioni nella parte di ponteggio dentro il cortile (verosimilmente intendendosi, per tale, il “cavedio” ove avvenne l’incidente), salvo che per le operazioni di calo a basso delle persiane, durante le quali le altre operazioni di lavoro dovevano rimanere sospese». Infine, «la questione della mancata diffusione del verbale (di riunione di Coordinamento) […], atteso che i compiti di alta vigilanza affidati al S.L. nella sua qualità (di CSE) implicavano che egli interagisse non già con le maestranze, ma con i titolari delle ditte esecutrici nel vigilare e coordinare l’osservanza, da parte di costoro, delle misure di sicurezza».

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