I RISCHI CHIMICI EMERGENTI E I DANNI ALLA SALUTE DEI LAVORATORI
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Si riporta una sintesi della relazione dell’OSHA sui principali rischi chimici emergenti nel mondo del lavoro.
Le nanoparticelle (NP) trovano già impiego in molte applicazioni e attività, ad esempio nella cosmetica e nei prodotti informatici.
Se finora la ricerca non si è occupata molto degli aspetti critici dal punto di vista di salute e sicurezza, si sa tuttavia “con certezza che le nanoparticelle possono penetrare nell’organismo umano” e benché la gravità del danno sia ancora sconosciuta, “vi sono elementi che suggeriscono che esse possono provocare tossicità, effetti cardiopolmonari, modifiche delle strutture proteiche, effetti autoimmuni, stress ossidativo e tumori”.
Pertanto è necessario per il futuro “determinare le proprietà fisico-chimiche, tossicologiche e comportamentali di ogni tipo di nanoparticella e sviluppare metodi affidabili per il loro rilevamento e misurazione nell’ambiente e nell’organismo umano”.
Lo scarico dei motori diesel, classificato come «probabilmente cancerogeno» (classificazione IARC), è la “quarta sostanza cancerogena più comune rinvenuta nei luoghi di lavoro e può causare il cancro ai polmoni e danni polmonari di natura non tumorale”.
Anche in questo caso è necessaria una ricerca più approfondita sugli effetti che queste particelle possono avere sulla salute.
L’inalazione delle fibre minerali artificiali (FMA), materiali che sono in costante evoluzione, può aumentare “il potenziale infiammatorio, citotossico e cancerogeno: quanto più lunghe e sottili sono le fibre, tanto più sono pericolose”.
Per comprendere l’attività di questo materiale fibroso in relazione alle dimensioni delle particelle “bisogna svolgere una valutazione nell’ambito di studi epidemiologici” e utilizzare “metodi standard di campionamento dell’aria per consentire una misurazione precisa delle dimensioni delle fibre”.
Agenti allergenici e sensibilizzanti
I disturbi cutanei sono al secondo posto tra le malattie professionali nell’Unione Europea e gli agenti chimici sono i responsabili nell’80-90 % dei casi.
Le resine epossidiche (sostanze con gruppi epossidici, cioè formati da un atomo di ossigeno unito a due diversi atomi di carbonio) – sempre più utilizzate per la produzione di adesivi, vernici, rivestimenti e strutture polimeriche composite – “sono una delle principali cause di dermatite da contatto allergica professionale”.
A queste resine si riferiscono inoltre “sensibilizzazione cutanea, irritazione degli occhi e dell’apparato respiratorio, orticaria da contatto, rinite e asma”.
Questa sensibilizzazione cutanea da resine epossidiche è “particolarmente problematica nel settore edile, dove non si può garantire un ambiente di lavoro sano e sicuro (ad esempio, spazi di lavoro puliti) né l’uso di indumenti protettivi (ad esempio, guanti)”.
Gli isocianati “trovano ampio impiego nella produzione di schiume, fibre, elastomeri, materiali isolanti per l’edilizia, pitture e vernici” e l’esposizione non avviene solo in fase di produzione ma anche durante l’utilizzo di prodotti poliuretanici contenenti isocianati (la verniciatura a spruzzo, la saldatura, la raschiatura delle carrozzerie d’auto, …).
Il documento ricorda che gli isocianati sono “agenti fortemente sensibilizzanti per l’asma e irritanti per le membrane mucose” e il contatto diretto con la pelle “può causare gravi infiammazioni e dermatiti”.
Sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione (CMR)
“L’amianto, la silice cristallina, la polvere di legno, i solventi organici, gli interferenti endocrini, gli inquinanti organici persistenti, le ammine aromatiche, i biocidi, le sostanze coloranti azoiche e le esposizioni combinate a più sostanze cancerogene sono stati identificati come rischi emergenti”.
Circa 32 milioni di persone nell’UE sarebbero esposte a tali sostanze e “ogni anno circa 95.500 tumori mortali potrebbero essere imputati all’attività lavorativa, il che farebbe del cancro una delle principali cause di decesso per motivi professionali” in Europa.
Rischi chimici specifici di settore
Le sostanze pericolose nel settore edile e nel trattamento dei rifiuti sono state evidenziate come rischi emergenti: in particolare i “lavoratori impiegati nel trattamento dei rifiuti presentano un tasso di malattia del 50 % superiore rispetto ad altri settori”.
Inoltre “le apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso vengono sempre più riciclati e contengono piombo, cadmio, mercurio e bifenili policlorurati (PCB)”.
Non potendo eliminare completamente i rischi chimici relativi alla gestione dei rifiuti, una prevenzione mirata alla salvaguardia dei lavoratori dovrebbe comprendere:
– la riduzione della generazione di polveri, aerosol e composti organici volatili (COV);
– provvedimenti tecnici collettivi e piani d’igiene per ridurre l’esposizione;
– misure di prevenzione adattate al tipo di rifiuto e di attività svolta.
Rischi combinati
Il documento ha anche individuato una pericolosa combinazione tra rischi chimici e psicosociali, ad esempio in relazione:
– “allo scarso controllo dei rischi chimici nelle piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano il 99,8 % di tutte le aziende (UE a 25, 2003)”;
– alle “prassi sempre più diffuse di subappalto, ad esempio nella manutenzione e pulizia, in cui i lavoratori subappaltati sono meno consapevoli dei rischi chimici e quindi più vulnerabili alle sostanze pericolose”.
Infine si sottolinea che “considerare ogni fattore di rischio in maniera indipendente può portare a una sottovalutazione dei rischi reali per i lavoratori”.
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