CONDANNATO UN COORDINATORE PER INADEGUATO CONTROLLO DELLE PRESCRIZIONI DI SICUREZZA IN CANTIERE
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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – IV Sezione Penale – Sentenza n. 19372 del 18 maggio 2007 (udienza 15 marzo 2007) – Pres. Marini – Est. Bricchetti – P.M. De Sandro – Ric. G. A. ed altri.
Il caso in esame riguarda l’infortunio accaduto ad un lavoratore dipendente di una ditta subappaltatrice il quale, mentre stava effettuando dei lavori di sottomurazione, bitumazione e rasatura di una scogliera in fase di costruzione nell’alveo di un torrente e si trovava in piedi su una scala appoggiata alla scogliera stessa, a circa 1.50 m da terra, veniva travolto da uno dei massi che era caduto, appena posizionato, e che lo aveva fatto “rovinare” sul greto del torrente schiacciandolo. Il lavoratore riportava gravissime lesioni (trauma da schiacciamento e fratture multiple) che ne determinavano il decesso sul posto.
Il Tribunale in primo grado condannava per omicidio colposo in concorso fra loro il direttore tecnico dei cantieri della ditta subappaltatrice, il capocantiere del cantiere presso il quale era avvenuto l’infortunio ed il coordinatore in fase di esecuzione.
La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado, sia pure riducendo la penalità. A propria discolpa il coordinatore in fase di esecuzione sosteneva che non era affatto vero che si fosse limitato ad una applicazione solo “sulla carta” delle prescrizioni del piano di sicurezza e di coordinamento da lui redatto e che aveva tenuto in precedenza all’evento infortunistico delle riunioni nel corso delle quali erano state impartite prescrizioni di sicurezza per la realizzazione delle scogliere e fornite direttive secondo le quali nel caso che non venisse eretto il ponteggio si sarebbero dovute costruire dei terrapieni accanto alla scogliera.
Successivamente la Corte di Cassazione ha confermato la condanna degli imputati formulando delle interessanti osservazioni nei confronti del comportamento tenuto dagli stessi.
Nei confronti del coordinatore in fase di esecuzione, in particolare, la Corte Suprema ha ritenuto che lo stesso “fosse venuto meno ai propri doveri” per non aver fornito delle efficaci informazioni e per non aver esercitato un adeguato controllo ed ha sostenuto, inoltre, che “non si era preoccupato di accertare che fossero attuate le prescrizioni in materia di sicurezza, oggetto di direttive soltanto teoriche”. “Né, d’altra parte, -prosegue la Corte di Cassazione – ad escluderne la responsabilità è sufficiente che egli abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo comunque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua diligenza, la puntuale osservanza” sostenendo inoltre che lo stesso “è corresponsabile qualora l’evento si colleghi causalmente anche alla sua colposa omissione e ciò avviene, ad esempio, quando abbia consentito l’inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose”.
In merito alle responsabilità dei lavoratori invocate dagli imputati a loro discolpa, la Corte di Cassazione ha confermato quanto già più volte sostenuto in passato in altre sentenze e cioè che “la condotta del lavoratore, per giungere ad interrompere il nesso causale (tra condotta colposa del datore di lavoro o chi per esso, ed evento lesivo) e ad escludere, in definitiva, la responsabilità del garante, deve configurarsi come un fatto assolutamente eccezionale, del tutto al di fuori della normale prevedibilità (v. ex plurimis Cass. 4^, 27 novembre 1996, Maestrini, secondo cui il datore di lavoro è esonerato da responsabilità soltanto quando il comportamento del dipendente sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che o sia stato posto in essere da quest’ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli – e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro – o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro)”.
Nel caso in esame, aggiunge la Corte di Cassazione, non possono essere considerate abnormi, ma al più imprudenti le condotte dei lavoratori indicate in ricorso e conclude che “le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, avendo lo scopo di impedire l’insorgere di pericoli, anche se del tutto eventuali e remoti, in qualsiasi fase del lavoro, sono dirette a tutelare il lavoratore anche contro gli incidenti derivanti da un suo comportamento colposo e dei quali, conseguentemente, l’imprenditore è chiamato a rispondere per il semplice fatto del mancato apprestamento delle idonee misure protettive, anche in presenza di condotta deviante del lavoratore”.
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