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CODICE APPALTI 2023: TORNA LA CERTIFICAZIONE PARITÀ DI GENERE

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Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (c.d. Codice Appalti) di cui al D.Lgs. n.36/2023, all’articolo 108 “Criteri di aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture” contiene un riferimento specifico alla certificazione della parità di genere. Le imprese che intendono vedersi riconoscere un maggior punteggio per aver adottato politiche tese alla parità di genere dovranno pertanto dimostrare di essere certificate, non potranno più presentare semplicemente un’autocertificazione.

Vediamo di approfondire il tema, capendo cosa prevedeva il nuovo Codice Appalti prima del D.L. 57/2023 e come sia stato modificato con tale correttivo.

LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE

La Legge 162/2021, che ha modificato il D.Lgs. 198/2006 “Codice delle Pari Opportunità”, ha apportato importanti novità in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo, introducendo anche la certificazione della parità di genere come strumento di attestazione, per le organizzazioni, di attuazione di politiche e misure volte alla riduzione del divario di genere, garantendo opportunità di crescita in azienda, parità salariale in relazione alle mansioni e tutela della maternità.

Con la pubblicazione dell’UNI/PdR 125:2022, prassi di riferimento pubblicata dall’Ente Nazionale Italiano di Normazione, è stata definita la certificazione per la parità di genere per le aziende, prevista dal PNRR all’interno della Missione 5 “Inclusione e coesione”, Componente 1 “Politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione”.

COSA PREVEDEVA IL PRECEDENTE CODICE APPALTI?

Il “vecchio” Codice Appalti, di cui al D.Lgs. n.50/2016, efficace fino al 30 giugno 2023, all’art. 95 prevede che le stazioni appaltanti attribuiscano un maggior punteggio premiante per le imprese in possesso della certificazione della parità di genere di cui al D.Lgs. 198/2006 e ss.mm.ii.

COSA PREVEDEVA IL NUOVO CODICE APPALTI PRIMA DELLE MODIFICHE?

Il D.Lgs. 36/2023 “Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici”, anche detto nuovo Codice Appalti, che sarà efficace dal 1 luglio 2023, all’art. 108, comma 7, stabiliva che le stazioni appaltanti prevedessero un “maggior punteggio da attribuire alle imprese che attestano, anche a mezzo di autocertificazione, il possesso dei requisiti di cui all’articolo 46-bis del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198”.

La prima stesura del nuovo Codice Appalti prevedeva quindi la possibilità, per le aziende partecipanti a bandi di gara pubblici, di presentare un’autocertificazione di possedere i requisiti per l’ottenimento della certificazione della parità di genere. Le stazioni appaltanti avrebbero dovuto poi verificare l’attendibilità dell’autodichiarazione “con qualsiasi adeguato mezzo” senza fornire criteri chiari per la valutazione dei requisiti, disciplinati invece nella UNI/PdR 125:2022.

COSA PREVEDE IL NUOVO CODICE APPALTI?

Con il D.L. 29 maggio 2023, n. 57 è però intervenuta una modifica su questo specifico punto del nuovo Codice Appalti, ancora prima dell’efficacia dello stesso: con l’art. 2 del decreto legge è stata infatti eliminata la possibilità per le aziende di comprovare, attraverso l’autocertificazione, il possesso dei requisiti per il rilascio della certificazione della parità di genere ai fini del riconoscimento del punteggio premiale. L’art. 108, comma 7 del D.Lgs. 36/2023 prevede ora che l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere sia dimostrata esclusivamente attraverso la dimostrazione dell’avvenuta certificazione della parità di genere.

Le modalità con cui un’impresa, dal 1° luglio 2023, potrà dimostrare di adottare politiche per la parità di genere sono quindi le stesse previste dal previgente Codice Appalti: è l’attestazione rilasciata da un soggetto terzo accreditato e imparziale, sulla base dei requisiti di una prassi UNI, a valere per poter attribuire il riconoscimento di un punteggio maggiore in sede di gara pubblica. L’autocertificazione non permetterà alle aziende di vedersi riconoscere un punteggio premiante in sede di gara, in quanto si ritiene che l’autocertificazione fornita dall’azienda stessa non offra le stesse garanzie della certificazione accreditata.

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